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E’ indubbio che negli ultimi 20 anni si sia stabilito un gradiente di “clinical and skills competence” tra professionisti medici operanti in ospedali con DEA di II livello e DEA di I livello.
L’adozione del modello di rete per la centralizzazione verso i centri hub dei pazienti più complessi ha comportato, inevitabilmente, il mancato progresso verso l’adozione di procedure più complesse, sia diagnostiche che terapeutiche, nel personale degli ospedali spoke. Il tutto dovuto al fatto che i casi clinici ad elevato case mix vengono costantemente riferiti a centri a più elevata complessità assistenziale.
A questo si è accompagnato lo sviluppo di un gradiente anche nella adozione di strategie di “Risk Management” diversificate in base alla complessità dei pazienti trattati.
L’instaurarsi di tale gradiente di “complessiva clinical competence” è ovviamente indipendente dalla volontà dei singoli professionisti o singoli gruppi di essi.
Obiettivo della formazione è quello di ovviare a tale naturale sviluppo di gap assistenziali cercando di rendere omogenea la capacità assistenziale, attraverso processi conoscitivi e formativi continui, indipendentemente dalla sede lavorativa dei professionisti. Ovviamente in relazione alla capacità assistenziali dei singoli centri esisterà sempre una differenza nelle skills tecniche e nelle competenze. Ma nei pazienti con problematiche acute, dovendosi svolgere il processo assistenziale attraverso una catena di professionisti che va dal medico di emergenza fino al professional dotato di skills tecniche uniche, sarebbe auspicabile che alcune competenze siano sviluppate in tutti gli ambiti per assistere il paziente complesso in modo omogeneo lungo l’intera “catena assistenziale”. Al contempo questo processo genererà la graduale assunzione di responsabilità assistenziali sempre maggiori. In tal modo il “Risk Management” sarà reso più omogeneo con riduzione delle aree di indeterminatezza ed incertezza decisionale.
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